domenica 4 settembre 2011

quando non puoi danzare tu,fai danzare la tua anima





La danza,come la vita,è ricca di fantasia,piena di armonia e ha un linguaggio universale,è,un sogno di gioia, che si realizza ogni giorno.........





martedì 9 agosto 2011

la città delle vedove








India, la città delle vedove rifugio delle ripudiate senza diritti né famiglia

Le più coraggiose vi arrivano da sole, sognando di raggiungere moksha, il paradiso, dove saranno liberate dal ciclo della morte e della rincarnazione. Ma la maggior parte viene accompagnata, o meglio «scaricata» a sua insaputa, dalla famiglia del marito, ormai defunto. Con lui del resto hanno perso tutto, persino il cognome da sposate: diventano dasi, discepole di Krishna, così come vuole la religione indù. Eppure a portare a Vrindavan migliaia di donne ogni anno non è tanto la fede, ma la disperazione. Questa cittadina dell' Uttar Pradesh, 150 chilometri a sud-est di Nuova Delhi, da 500 anni è un rifugio per le donne spogliate di tutto che qui vivono, se va bene, di elemosine e offerte, cantando per ore negli ashram, comunità consacrate a Krishna. Proprio in questo luogo il «dio dell' amore» fece una promessa: «Fortunato chi muore qui perché rinascerà libero dai peccati». Non ultimo quello di sopravvivere al proprio marito. Un lungo purgatorio in terra, un viaggio senza ritorno verso l' oblio: a casa non arriverà neanche la notizia della loro morte. Vrindavan, una città santa quasi tutta per loro: su 56 mila anime, quasi 15 mila sono vedove. Un abitante su quattro. Cinquemila in più rispetto a dieci anni fa. Nell' India che ha bruciato gli Stati Uniti con il suo primo presidente donna, questo retaggio non soltanto resiste ma cresce di anno in anno. A lanciare l' allarme è il rapporto del Fondo di sviluppo dell' Onu per le donne e Guild of Service, organizzazione umanitaria laica indiana. Rifiutate dalle famiglie d' origine, diventate un peso per quella del marito, praticamente impossibilitate a risposarsi, le vedove si ritrovano a vagare come fantasmi tra i templi per guadagnarsi da vivere: tre rupie (6 centesimi di euro) e una ciotola di riso per 4 ore di canti e preghiere al giorno. È anche per questo che Vrindavan è segnalata dalle guide: le donne avvolte nei loro sari bianchi, che mendicano nelle strade polverose e cantano «hare Krishna» nei 5 mila templi della città, sono diventate senza volerlo delle attrazioni. Molte sono giovanissime, andate in sposa da bambine a uomini più vecchi con il culto (diffuso) delle vergini: una bocca da sfamare in meno in casa. A Vrindavan 2 su 5 sono convolate a nozze prima dei 12 anni e quasi una su tre è rimasta vedova prima dei 24. Del resto si stima che nel Subcontinente 1 indiana su 4 convoli a nozze prima dei 18 anni previsti dalla legge e che quasi 1 su 5 prenda marito sotto i 10. Rimaste sole, un tempo le bruciavano sulla stessa pira dell' uomo. Ora, almeno, vivono. Rifugiate negli ashram. Dove però soprattutto se giovani vengono sfruttate sessualmente da chi dovrebbe proteggerle. Ad accomunare le vedove di Vrindavan è anche la provenienza: l' 80% arriva dal Bengala Occidentale, dove la legge indù che esclude le vedove dalla spartizione dell' eredità non è in vigore. Per questo le famiglie le allontanano, temono che possano accampare diritti sulle proprietà. E loro si lasciano portare via, ignare del fatto che se restassero a casa godrebbero di un sussidio più alto che in qualsiasi altro Stato indiano, l' equivalente di 10 euro al mese. «Il governo ha fallito nel controllare il fenomeno» accusa la curatrice dell' indagine,Usha Rai. Mohini  «In India ci sono oltre 40 milioni di vedove ma soltanto il 3% di loro percepisce la pensione, il 25% a Vrindavan: abbandonate, sole, spesso analfabete, non conoscono i loro diritti e sono comunque indifese contro i funzionari corrotti che dovrebbero distribuire i soldi. La situazione sta cambiando, ma molto lentamente» riferisce Giri, 66 anni, di cui 40 dedicati all' emancipazione femminile, anche come presidente della Commissione nazionale. Un lavoro duro in una società dove la donna è considerata un costo (a partire dalla dote), le signore hanno un' identità soltanto se «figlie di» o mogli e vengono costrette ad abortire se incinte di bambine (5 milioni di casi all' anno), e dove il 90% dei neonati abbandonati è femmina. «In India le donne istruite - un' esigua élite - hanno persino più chance che in Occidente, ma per le altre c' è ancora molto da fare

domenica 2 gennaio 2011

dabbawalla



DABBAWALLA
(literally carrying box) are the people who deliver daily meals to the millions of commuters
in Mumbai. The service aims to grab the lunch, cooked in the family and placed in a suitable
container, and return it to commute from the home of his job before the lunch break.
The same service, of course backwards, making the afternoon. The service cost is around
500 rupees (a little more 'for 9 euros) per month. In the city of Mumbai each day about
2000 men, dabbawalla, distribute more than 100 000 meals prepared
A series of simple symbols on each container indicating its destination: the organization of
delivery of meals, although very complex, it is run by former illiterate peasants. To traverse
the city quickly, in a system of relay race where each dabba changes hands at least four
times, dabbawalla use bicycles, trains and handcarts on which to load trays of 40 containers.
The chain of delivery dabbawalla, using trains and bicycles, has been studied by major
shippers worldwide, given the almost absolute punctuality of the service: recent statistics
show a negligible error rate, one every 16 million deliveries.
Several Indian banks, which were recently approved by the central bank to conduct home
banking services at home, are starting to use the dabbawalla to reach customers in areas not
covered in terms of transfer. The salary of a dabbawalla is around 4,000 rupees, about € 70,
for six days of work per week.

hands